In bici sull'Appenino
Il Governo Prodi, da mesi in fibrillazione per
le continue litigate fra le sue varie componenti,
la mancanza di accordo su un programma ben definito - vi ricordate il proclama dopo il conclave della Reggia di Caserta (costante ahimé tanti soldi al contribuente italiano) -
per i veleni iniettati ad ogni piè sospinto dall'interno dell'Unione,
per la costituzione del Partito Democratico,
per il micidiale scontro fra Ministri e Procuratori della Repubblica,
e, dulcisi in fundo, per non aver saputo governare il Paese,
è giunto al capolinea, come la votazione odierna al Senato ha ampiamente dimostrato. L'unico a non rendersene conto è il nostro Romano che pensa di essere ancora ai tempi dell'IRI quando non doveva rendere conto a nessuno del suo operare.
Non sarà né Berlusconi ossessionato dalle spallate e dai sondaggi d'opinione, né il cambio di casacca di qualche parlamentare o l'assenza determinante di parlamentari eletti nelle file dell'Unione a far cadere il governo Prodi. Sarà la vergogna di non saper governare il Paese nonostante i voti ricevuti e di averlo ridotto alla miseria materiale e morale.
Si limiti, a questo punto, a svolgere la funzione notarile di curatore fallimentare o meglio si rechi al Quirinale per rassegnare le dimissioni e torni a fare il ciclista per le strade dell'Appennino.