martedì 30 dicembre 2008

Presepio cristiano ...od islamico ?

Il presepio nasce a Greccio con San Francesco, quale strumento per illustrare e commemorare la nascita di Gesù.

Fermiamoci un momento a riflettere.

San Francesco, che annuncia il Vangelo in Egitto ai mussulmani, è lo stesso santo che utilizza la rappresentazione visiva per annunciare, in maniera semplice e più facilmente comprensibile alla gente umile, il Vangelo iniziando dal dato più sconcertante: l'incarnazione di Dio.

Già l'incarnazione di Dio, fulcro essenziale del cristianesimo che lo differenzia da tutte le altre fedi religiose, comprese quelle di derivazione abramitica; infatti nè l'ebraismo, nè l'islamismo riconoscono ed accettano che Dio si sia fatto uomo.

Il presepio, proprio perché ripercorre il racconto evangelico, è costituito dagli elementi tratti dal Vangelo di Luca: la capanna, la mangiantoia col Bambin Gesù (l'incarnazione di Dio), Maria e Giuseppe, i cori degli angeli che annunciano ai pastori la nascita del Salvatore, la gente che accorre alla capanna per rendersi conto dell'evento ed infine i Re Magi.

Nei secoli il presepio diventa un'opera d'arte, collocato in scenari che riproducono i paesaggi e le genti della zona geografica, ma sempre attento all'aspetto religioso cristiano. In buona sostanza il presepio è la rappresentanza plastica dall'incarnazione divina nella comunità umana della località in cui il presepio è realizzato, sempre con lavoro e sacrificio della stessa comunità.

Un elemento di unione e condivisione della comunità cristiana che riconosce Dio che si è fatto uomo e percorre insieme a questa comunità un tratto di strada.

Immaginare di costruire un presepio diverso non rende un servizio alla comunità cristiana perché è fonte di divisione, spesso radicale. E di tutto ha bisogno la comunità cristiana che fomentare altre divisioni. Già nel passato qualcuno ha voluto inserire nel presepio elementi che nulla avevavno a vedere col racconto evangelico, spesso mi sono chiesto se questi inserimenti fossero frutto di superbia intellettuale anziché di amore all'unità della comunità cristiana.

L'inserimento della moschea, attuato nel presepe della Parrocchia di N.S. della Provvidenza a Genova, fa parte di questo scenario.

San Francesco ha dimostrato, mettendosi in gioco di persona, che l'amore verso i mussulmani lo si realizza senza fatti dirompenti: è andato ed ha annunciato il Vangelo.

Sapranno i nostri buoni cristiani che sproloquiano di dialogo ed apertura verso il mondo islamico andare e predicare la Parola di Dio ai mussulmani, anzicché preoccuparsi di costruire piccole mosche nel presepio e grandi moschee a Genova ?

lunedì 29 dicembre 2008

SODOMITA RIABILITATO DALLA BORGOMASTRA DEI CARUGGI


Jacopo Bonfadio nel 1550, all'età di 42 anni, fu condannato da un tribunale della Repubblica di Genova per sodomia avendo corrotto un giovinetto. Essendo i tempi quelli che erano la pena fu particolarmente efferrata, alla luce della sensibilità giuridica dei tempi nostri e dei principi costituzionali italiani. Il Bonfadio fu decapitato, il suo corpo bruciato e le ceneri disperse. La previa decapitazione fu, tutto sommato un'attenzione di riguardo...onde evitargli di essere arso vivo.

Per completezza occorre dire che Jacopo Bonfadio fu fine letterato dell’epoca incaricato di tenere gli Annali della Repubblica di Genova. Genova gli ha dedicato una strada nel quartiere di Sestri Ponente.

Questo il dato di storia.
Adesso la nostra borgomastra dei carruggi ha pensato bene di riabilitare il poveretto sguinzagliando l'assessore alla Cultura Ranieri alla ricerca degli atti del processo e poter fare un'icona di Bonfadio in occasione del Gay Pride di Genova.

Mi sfuggono due cose (fra le tante...)
1. ma l'Assessore alla Cultura non ha nient'altro da fare, visto la situazione pesantissima in cui versa questo comparto dell' amministrazione comunale ?
2. ma se un adulto - quale era il Bonfadio a 42 anni - compie atti sessuali con un ragazzo minorenne (tale dovrebbe essere il citato "giovinetto") non commette un reato per l'attuale Codice Penale italiano ?


Evidentemente, pur di far notizia, la borgomastra dei carruggi è disposta ad esaltare un reato penale di qualche secolo fa. Ma sempre reato penale resta, a prescindere dall'efferatezza della pena.

Credo che sarebbe di gran lunga più sensato ricordare - così come ha fatto il Comune di origine del Bonfadio in occasione del 500° anniversario della sua nascita - l'estensore degli Annali della Repubblica per il suo apporto alla letterature del secolo che per le sue inclinazioni sessuali. Oscar Wilde è ricordato per le sue commedie, non certo per il suoi rapporto omosessuali che gli fruttarono una condanna ai lavori forzati essendo stato riconosciuto colpevole di sodomia nel 1895 da un tribunale inglese.




domenica 21 dicembre 2008

BUON NATALE

Si fa presto a dire Buon Natale. Ogni anno ripetiamo questo augurio ed ogni anno il senso del Natale, quello vero, quello cristiano si affievolisce sempre più.
Il calendario – sotto tutti i cieli del mondo – è costellato di feste di vario genere da quelle religiose quali il capodanno cinese, lo Yom Kippur ebraico, il Thanksgiving Day nordamericano, l’ Aïd el-Kebir musulmano alle cosiddette festività civili. Ovunque, l’umanità esprime nel calendario un giusto bilanciamento tra il momento del lavoro e quello del riposo.
Ma il Natale è diverso. Celebrato dai cristiani per ricordare la nascita di Gesù, Figlio di Dio, è una festa unica nel panorama delle festività dell’umanità: la festa di Natale che non abbia alcun riferimento all’incarnazione del Signore Iddio fra gli uomini non ha alcun significato.


In tanti ci hanno provato – e ci provano - a trasformare il Natale in una festività qualsiasi, in una festa priva di contenuto religioso. Ma quello non è Natale, è un’altra cosa.

Se si guardano le cartoline stampate a profusione per questa festa si scorgono renne che viaggiano nel cielo o donnine – più o meno vestite – con berretti rossi in testa od improbabili paesaggi innevati; i manifesti pubblicitari invitano ad acquistare cose di dubbia utilità, mentre i soliti film (considerati natalizi) visti e rivisti, ritornano sugli schermi televisivi insieme agli spots che garantiscono un bellissimo 25 dicembre con brandy, cioccolatini, Coca Cola e dolciumi vari.
Le imprese di luminarie, lavorano a pieno regime, sin dal mese di ottobre; pastori fasulli provano a tirar fuori dei suoni “pastorali” da pive e zampogne che non sanno suonare e le multisale cinematografiche ammiccano con films costruiti per danneggiare l’intelletto degli spettatori.
Non è che il resto del mondo se la passi meglio se si pensa a quella specie di albero luminoso nella baia di Rio de Janeiro od ai “seasonal greatings” per finire con l’assenza di ogni riferimento al Natale su agende e calendari delle aziende multinazionali. A Oxford hanno abolito il Natale, esplicitando ciò che altrove è mascherato di buonismo.

Tutto viene messo in campo per impedire che il Natale sia un’altra cosa e che le quattro settimane che lo precedono siano un periodo di preparazione al mistero dell’incarnazione, alla discesa del Signore tra gli uomini.

La condizione umana che il Signore ha voluto vivere incarnandosi nel grembo della Madonna è ben rappresentata nella narrazione evangelica di quella nascita. Sembra quasi di sentire le voci degli albergatori e di Giuseppe “Non c’è posto. Provate altrove”, “Ci sarebbe, ma non per voi”, “Ma sono disposto a pagare il necessario”, “No, se proprio dovete restare andate in quelle grotte usate come stalle fuori del paese”. Voci che, nel corso dei secoli, si sono ripetute infinite volte, in infinite circostanze simili.

Per questo il Natale è diverso da ogni altra festa: Dio si è fatto Uomo ed ha vissuto la nostra storia.

La festa del Natale è la gioia; la gioia di tutti coloro che scoprono, nella sua divinità ed umanità, Gesù che percorre le nostre stesse strade. La gioia di chi trova o rafforza la fede, la speranza nella vita eterna presso il Padre e che a motivo di questa gioia vive la carità verso il resto della comunità umana.

Quando, dopo aver acceso l’ultima candela dell’Avvento, sentiremo suonare la campana della messa di mezzanotte, allora – con la gioia e la pace nel cuore – viviamo il Natale, quello vero, quello cristiano.

Buon Natale.

(questo mio pezzo è stato pubblicato sul numero di Dicembre 2008 de “L’Operaio Ligure”)

giovedì 18 dicembre 2008

UDC. Ma non è un postribolo !

Il quotidiano genovese "IL SECOLO XIX" che non perde colpo per mettere in cattiva luce l'UDC, oggi pubblica un articolo dal titolo emblematico che suona presso a poco così: UDC Gente che viene, gente che va.
Nel corpo dell'articolo si parla di coloro che hanno lasciato l'UDC ligure: Adolfo e co., Catozzo e co., Abbundo e co., che hanno raggiunto per strade diverse e con tempi diversi il Popolo delle Libertà.
Poi si parla di coloro che sono arrivati nell'UDC, in primis, l'attuale commissario UDC Liguria Rosario Monteleone proveniente da DL-Margherita.
Tutti narrano dei loro buoni motivi che li hanno indotti alla scelta di andare via dall'UDC o di entrare nell'UDC.
Peccato che l'articolista non spinga la sua curiosità a conoscere coloro che nell'UDC sono entrati sin dal momento dalla sua fondazione e sono tutt'ora lì a combattere la loro battaglia quotidiana per mantenere salda la linea politica dell'UDC in Liguria ed a Genova in particolare. Una linea politica che privilegia le alleanze con i partiti di centrodestra e non è disponibile alla "politica dei due forni".
Certo che la lettura dell'articolo de "Il SECOLO XIX" può dare l'idea che l'UDC ligure sia un postribolo, dove si entra e si esce secondo le convenienze.
C'è chi ce la mette tutta perché non sia così....perlomeno, finché sarà possibile!

martedì 16 dicembre 2008

ABRUZZO. L'UDC PERDE VOTI E NON SE NE ACCORGE

Provo a dare una lettura del risultato delle elezioni svoltesi negli Abruzzi per quanto riguarda l’UDC.
Parto dal dato numerico percentuale che – ovviamente – non risente del calo dei votanti. I dati sono ricavati dal sito ufficiale del Ministero degli Interni



I Consiglieri Regionali nel 2005 erano in totale 4 ( 3 dell’UDC ed 1 dell’UDEUR), adesso sono diventati 2.

Così, a naso, mi pare che l'UDC abbia preso una bella bagnata.
L’aggregazione UDC-UDEUR a perso 2 consiglieri.

A livello Regionale la stessa aggregazione ha perso 7,53 punti (passando dal 13,14 % al 5,61 %) e non è riuscita, neanche, a mantenere la percentuale conseguita dalla sola UDC alla Camera ed al Senato alle Politiche 2008, tranne che nella circoscrizione de L’Aquila.

Che tutto questo debba essere imputato al destino cinico e baro dello sciacallaggio politico mi pare alquanto improbabile.
Così come mi pare improbabile che tutto ciò dipenda dal sistema bipolare che di fatto si sarebbe affermato nel Paese; ma se così fosse sarebbe opportuno che l'UDC ne traesse le conclusioni politiche del caso.






lunedì 8 dicembre 2008

GENOVA. DECLINO DI UNA CITTA'


Qualche giorno dopo la pubblicazione sul “Secolo XIX” dell’articolo sulla situazione economica del teatro Carlo Felice che ha dato adito al mio blog di sabato 6 dicembre, è stata pubblicata la classifica 2008 di “Italia Oggi” sulla qualità della vita da cui risulta che Genova è passata dal 56° al 77 ° posto.

Tale indagine non fa che confermare il declino della città e del comprensorio genovese e che avevo già denunciato in passato (vedi blog del 18 maggio 2008)

Non ho nessuna intenzione di infierire ma per obiettività vorrei evidenziare come i centri di potere politico di Genova e dintorni siano stati in mano alla sinistra da perlomeno 20 anni. In Comune l’ultima maggioranza non di sinistra risale alla Giunta Campart (pessimo sindaco, peraltro), in Provincia si risale alla Giunta Mori (1985-1990), in Regione, tranne la parentesi Biasotti si risale – salvo errori – alla Giunta Gualco, giacché Mori fu Presidente con la sinistra. Non parliamo del porto che, salvo la parentesi D’Alessandro, è sempre stato terreno di potere incontrastato del PCI e dei suoi eredi.
In buona sostanza la Liguria ed il suo capoluogo, da anni, sono governate dalla sinistra e per giunta da quella più burocratizzata e conservatrice che esista in Italia.

Credo che un esempio possa bastare: da circa vent’anni si discute sulla necessità di risolvere la situazione del nodo autostradale di Genova. Siamo ancora alla discussione; più fine, perché adesso il Comune pagherà un gruppo di esperti per organizzare il confronto con la cittadinanza sulle varie ipotesi di tracciato. L’importante è discutere in una sorte di pseudo democrazia partecipativa, la realizzazione verrà, quando non si sa.

Mi pare che sia essenziale comprendere che per risollevare le sorti della nostra città e della nostra Regione si debba rompere la presa della sinistra sul potere.
Per questo non condivido la tattica (o la strategia) di chi, provenendo da esperienze diverse da quelle del PCI-PDS-DS, ha costruito qui in Liguria, ed a Genova in particolare, il Partito Democratico: è stato un errore di cecità politica che ha rafforzato la presa sul potere della sinistra.

In altri termini, tutto ma proprio tutto, bisogna attuare per togliere acqua alla sinistra. Anche tappandosi il naso. Questa è la scelta strategica.

L’altra ipotesi è quella di accontentarsi della mediocrità della sinistra che governa Genova e la Liguria: in questo modo i rischi di sopravvivenza al comando sono garantiti, anche per coloro che stanno facendo i portatori d’acqua alla sinistra.

sabato 6 dicembre 2008

CARLO FELICE. CI COSTA TROPPO


La situazione economica del Teatro Carlo Felice, pubblicata sul Secolo XIX odierno, suscita interrogativi e perplessità circa la sostenibilità economica di questa istituzione per la nostra città.
Secondo le cifre pubblicate (ma sono confrontabili con quelle che appaiono sul sito
www.carlofelice.it) i ricavi assommano a 31.851.300 euro. Il problema è che più dell’85 % dei ricavi dipendono da contributi di Enti pubblici, Sponsors e ministeriali (27.748.300 euro) e solo poco più del 10 % e costituito dall’’introito degli spettatori (3.378.000 euro).
Mentre sul totale dei costi ( 31.847.227 euro) il personale incide per il 61, 4 % (19.556.013 euro) e la realizzazione delle attività artistiche incidono per il 31 % (9.584.220 euro).
In buona sostanza se non ci fossero o contributi pubblici ecc. non si potrebbe, neppure pagare il personale ed allestire gli spettacoli.

Pur essendo convinto che la nostra città debba avere un buon livello di iniziative culturali – e fra queste rientra sicuramente anche l’opera lirica e la musica sinfonica, da camera ecc. – mi chiedo se sia possibile sostenere costi di questo genere oppure non si debba operare per una diversa e migliore gestione economica del Teatro comunale dell’Opera che non sia dipendente – a questi livelli – dalle contribuzioni della mano pubblica.

domenica 30 novembre 2008

PD, QUANTI EQUIVOCI SULLA STRADA DEL PSE

Lunedì prossimo, 1 dicembre, a Madrid sarà apposta la firma al manifesto del Pse che i leader socialisti di tutta Europa hanno concordato in vista delle prossime elezioni europee. Incapace di decidere il da farsi il PD di Veltroni non sarà presente all’appuntamento, ma vi saranno spezzoni autorevoli del PD : la governatrice Presso del Piemonte e Piero Fassino quale rappresentante dei vecchi DS ancora appartenenti all’Internazionale Socialista. Inutile dire che la questione – irrisolta della collocazione europea del PD – ha fatto scoppiare l’ennesima bagarre nel PD. Eppure una decisione dovrà ben essere presa visto che nella prossima primavera si vota per le elezioni europee e si dovrà dire agli elettori dove andranno a finire i loro voti.

Claudio Burlando, Presidente PD (ex DS, ex PDS, ex PCI) della Regione Liguria, entra nel dibattito e come riportato dall’Agenzia “IL VELINO” frena la Bresso, pur ammettendo la preferenza per lo sbocco nel Pse: “Se c’è qualcuno che firma il manifesto programmatico del Pse e qualcun altro che ne firma uno diverso siamo davanti a un bel problema”. Per questo, spiega “non servono adesioni personali. La collocazione europea del Pd deve essere decisa dagli organismi del partito. È ovvio che il nodo deve essere risolto tenendo presente che il Pd è nato sulla base di due diverse forze politiche, ma - conclude Burlando - la mia personale visione è che alla fine si debba entrare nell’alveo socialista. Se non avevo capito male era quello l’obiettivo...”.

Allora mi chiedo se questo era l’obiettivo del nuovo partito nato dalla fusione di DS con DL-La Margherita se per caso non avessi ragione quando diversi mesi orsono preconizzavo che la fine degli ex DL-La Margherita sarebbe stata inevitabilmente di …morire socialisti.

giovedì 27 novembre 2008

BARACK OBAMA, PRESIDENTE ELETTO USA



QUALCHE CONSIDERAZIONE SUL NUOVO PRESIDENTE USA
Benché non siano ancor noti tutti i componenti dello staff presidenziale e della nuova compagine governativa sembrerebbe - ed uso il condizionale perché sino a quando Obama non sarà insediato nulla di certo si saprà – che vi sia una folta presenza di persone cui deve essere addebitata una certa responsabilità per la crisi finanziaria in atto a livello mondiale, segno questo che – al di là di un verniciata di immagine – la politica economica e finanziaria USA sarà in continuità con quella dell’era repubblicana; anzi è probabile che si rafforzerà la tendenza a proteggere le grandi istituzioni ed industrie a scapito delle piccole imprese e del cittadino medio che ha fatto convergere il voto su Barak Obama.
La campagna elettorale di Obama è costata quasi il doppio di quella di McCain e le risorse sono venute oltre che dai soliti settori che sostengono i democratici anche e soprattutto dai fondi speculativi (“hedge funds”); dagli studi legali [anch’essi traggono risorse dalle complesse alchimie dei contratti di finanza creativa]; dai fondi di “private equity”. E la scelta di Emanuel Rahm, quale capo dello staff presidenziale la dice lunga sull’influenza che la finanza creativa ha avuto nell’elezione di Obama.
Fa sempre più pensare che la scelta del capo del Paese più potente del pianeta – indipendentemente dallo schieramento di appartenenza – avvenga con metodi di democrazia formale, mentre in realtà è il marketing politico che, come nei supermercati, guida gli orientamenti e chi dispone di grandi risorse monetarie può condizionare il consenso popolare.
Occorre ricordare come Obama sia impegnato, sin da quando era senatore dell’Illinois, a preservare ed ad estendere la normativa a favore dell’aborto. Certo i movimenti “pro life” e “pro choice” non hanno influito sull’esito elettorale, tuttavia qualche attenzione a questo tema occorrerà porlo in relazione sia agli investimenti che le fondazioni “pro choice” compiono all’estero, specie nei Paesi del terzo e quarto mondo, sino a condizionarne la vita politica sia all’azione svolta dagli Usa nelle agenzie specializzate delle Nazioni Unite.
Concordo con Carlo Pannella che, su "L'Occidentale" odierno, invita Obama a compiere un rapido ripasso della storia del Continente indiano sì da uscire dall'equivoco che risolta la questione palestinese sia automaticamente risolto il problema del terrorismo islamico.

domenica 16 novembre 2008

UDC. Ma chi è lo sposo ?

In questi ultimi giorni, dopo il risultato elettorale della provincia di Trento, si sono accavallate una serie di notizie. Spesso contraddittorie. Ma tutte riguardanti la collocazione dell’UDC nelle prossime elezioni amministrative.
Archiviato il caso Abruzzo con un brutale “niet” alla partecipazione dell’UDC alla cordata di centrodestra (però sarebbe giusto conoscere un po’ più nel dettaglio i retroscena),

  • si registra un caldo invito dell’on. Fitto (FI) alla partecipazione dell’UDC, col suo simbolo, ad una coalizione di centrodestra per le regionali in Puglia, cui fa da controaltare la dichiarazione del Ministro Ronchi (AN) che dice non volersi alleare con chi parla male dei Presidenti dei due rami del Parlamento.
  • contemporaneamente in Lombardia, l’UDC lombarda toglie l’ipotizzato sostegno all’alleanza con Penati (PD) e dichiara di voler correre da sola per tutte le amministrazioni locali ma…è pronta ad allearsi in una coalizione di centrodestra se il PdL da la sua disponibilità.
  • in Veneto si dice chiaramente che se l’UDC non dichiara la sua fedeltà futura gli assessori UDC se ne debbono andare dalla Giunta Galan.
  • l’on. Vannino Chiti (PD) dipinge il nuovo scenario del centrosinistra in cui gli assi portanti sono costituiti da PD ed UDC.
  • analogamente il Presidente della provincia di Viterbo, ipotizza l’entrata nella giunta di centrosinistra di esponenti UDC.
  • i rumors indicano l’on. Pezzotta (UDC) quale candidato sindaco di Bergamo in contrapposizione al candidato di centrodestra; Pezzotta non correrebbe per il centrosinistra (menomale….), ma per una Lista della Rosa per l’Italia. Tuttavia, dato per scontato che Pezzotta non arrivi al ballottaggio, uno spiritello maligno dice che quei voti Rosa saranno un bel regalo al centrosinistra. Comunque l’UDC Bergamo dove si metterà alle elezioni comunali, da sola o nella coalizione di centrodestra

La descrizione potrebbe continuare a lungo perché ogni parte d’Italia è una realtà a se stante senza un minimo comune denominatore.

Alcune cose sono, tuttavia, evidenti:

  • alcuni esponenti rappresentativi del PD stanno facendo la corte all’UDC per colmare il vuoto pneumatico ed il vicolo cieco in cui si trova il PD;
  • Forza Italia, dopo aver perso la battaglia di eliminare l’UDC, (vedi blog Il Legno Storto), sta cercando di recuperare il rapporto;
  • AN e Lega Nord sono contrari alla costituzione di un’alleanza di centrodestra comprendente l’UDC.

In questa situazione emerge l’assenza di iniziativa e linea politica dell’UDC (salvo le battute che lasciano il tempo che trovano). Forse – e non credo di chiedere troppo - sarebbe opportuno smetterla con la politica dei due forni ed affermare pubblicamente che l’UDC, quantomeno a livello locale e regionale, trova la sua collocazione politica nell’area di centrodestra e non tresca con il PD.


sabato 11 ottobre 2008

PD: Legittima difesa !



Oggi sono comparsi sui muri i manifesti del PD che invitano alla manifestazione contro il Governo Berlusconi per sabato 25 ottobre 2008. Non mi dilungo sul giudizio negativo verso le manifestazioni di piazza, ma mi soffermo sul messaggio lanciato in uno dei manifesti in cui campeggia la frase LEGITTIMA DIFESA. Poiché devo presumere che sia noto il concetto di legittima difesa quale espresso dall’art. 52 del Codice Penale, la mia valutazione è che il gruppo dirigente del PD è uscito di senno e sta giocando col fuoco, dimentico che gli omicidi Calabresi, Biagi ed altri sono stati commessi da una mano assassina armata da incitamenti più o meno velati.
Evidentemente il pensatoio del “loft” del PD ritiene che la contesa politica si debba spostare dalle aule parlamentari a quella della violenza di piazza o peggio.

A questo punto ricordare che quanto sta attuando il Governo Berlusconi è stato sanzionato da un voto prima del corpo elettorale a grande maggioranza, poi dal Parlamento Italiano sembra del tutto superfluo per chi sprona alla violenza anziché svolgere la funzione propria dell’opposizione in Parlamento.

Una lezione però è doveroso trarla da questa allucinazione del PD: difficile, quasi impossibile immaginare percorsi comuni col PD da parte dell’UDC.

mercoledì 17 settembre 2008

Alpini mussulmani ? Mah !

La notizia l'ha data il TG5 delle ore 20.00 odierne. Presso la Scuola Alpina di Aosta è in fase di addestramento una ragazza, cittadina italiana, di origine marocchina e di religione mussulmana.
Il Comandante, gen, Claudio Berto, ci racconta che nelle nostre Forze Armate prestano servizio cittadini italiani di altre provenienze etniche, con viva soddisfazione e senza alcun problema di inserimento.Fin qui niente di strano, giacché a tutti i cittadini italiani si applica il dettato costituzionale di difesa della Patria.
Mi viene, tuttavia, spontanea una riflessione: come la mettiamo con la Preghiera dell'Alpino?
Qui sotto la riproduco nella versione originale, prima che qualche anima buona, pensasse di eliminare il riferimento alla difesa "della nostra millenaria civiltà cristiana".
Ma a parte ciò, mi pare che tutta la preghiera - e potrebbe essere altrimenti ? - sia espressione della Fede cristiana

Su le nude rocce, sui perenni ghiacciai, su ogni balza delle Alpi ove la provvidenza ci ha posto a baluardo fedele delle nostre contrade, noi, purificati dal dovere pericolosamente compiuto, eleviamo l'animo a Te, o Signore, che proteggi le nostre mamme, le nostre spose, i nostri figli e fratelli lontani, e ci aiuti ad essere degni delle glorie dei nostri avi. Dio o­nnipotente, che governi tutti gli elementi, salva noi, armati come siamo di fede e di amore. Salvaci dal gelo implacabile, dai vortici della tormenta, dall'impeto della valanga, fa che il nostro piede posi sicuro sulle creste vertiginose, su le diritte pareti, oltre i crepacci insidiosi, rendi forti le nostre armi contro chiunque minacci la nostra Patria, la nostra Bandiera, la nostra millenaria civiltà cristiana. E Tu, Madre di Dio, candida più della neve, Tu che hai conosciuto e raccolto ogni sofferenza e ogni sacrificio di tutti gli Alpini caduti, tu che conosci e raccogli ogni anelito e ogni speranza di tutti gli Alpini vivi ed in armi. Tu benedici e sorridi ai nostri Battaglioni e ai nostri Gruppi. Così sia.

venerdì 12 settembre 2008

FORZE NUOVE
Una nuova generazione di politici cattolici

Qualche tempo fa, scrivevo che per i cattolici italiani si è aperta una quarta fase per la loro presenza, per il loro servizio all’interno della comunità nazionale. Torno su questo argomento perché di tutto mi accorgo, tranne che di un impegno politico dei cattolici. Forse ha ragione Benedetto XVI a chiedere forze nuove, visto il flop colossale che i cattolici impegnati in politica – ad iniziare dagli autoproclamatisi “cattolici adulti” – hanno realizzato da quando si è “suicidata” la Democrazia Cristiana ai giorni nostri.
Un flop che si è combinato con il progressivo rinserrarsi nel ghetto dei temi “non negoziabili”: la bioetica, la difesa della vita, la tutela della famiglia e così via. Quasi che solo questi argomenti possano giustificare l’impegno dei cattolici nella vita pubblica, quasi che su altri argomenti del convivere civile: lavoro, economia, energia - tanto per citarne alcuni a caso – i cattolici non abbiano nulla da dire. Mi piace ricordare come, nell’immediato dopoguerra, politici cattolici quali De Gasperi, Gonnella, Fanfani, Mattei, Vanoni, Segni contribuirono o determinarono - rispettivamente – le scelte internazionali, giuridiche, abitative, energetiche, fiscali ed agrarie che consentirono al Paese di sviluppare il cosiddetto “miracolo economico” degli anni ’60.

Non posso accettare che i temi economici e sociali siano dominio incontrastato degli allievi del prof. Ruffolo o che i temi della giustizia siano una riserva di caccia di liberali e di marxisti.
Se i cattolici italiani prestassero maggior attenzione ai temi della politica anziché agli starnazzamenti sulle varie leadership oppure sugli amorazzi captati dalle onnipresenti intercettazioni telefoniche, sarebbe un bel passo avanti.
Ragionare sull’economia sociale, sulla sussidiarietà, sulla politica energetica potrebbe essere l’impegno per una stagione che si annuncia difficile, non per colpa dell’ex-governo Prodi o dell’attuale governo Berlusconi, ma per la situazione internazionale.

Benedetto XVI, a Cagliari, ha affermato che “Serve una nuova generazione di politici cattolici”. Un concetto forte, ma che ci riporta ad una debolezza strutturale dei cattolici italiani.

Un concetto forte perché riafferma il principio che la Fede non va rinserrata nella sfera privata, ma testimoniata nella vita pubblica, con coerenza, traducendo il messaggio evangelico in progetti politici credibili. In altri termini “Dio non può essere confinato in sacrestia”, ma testimoniato col nostro impegno nelle cose della politica. Per questo servono forze nuove, che percorrano strade nuove.
Forse è opportuno che nel ricercare e percorrere strade nuove i cattolici italiani riscoprano criticamente il “popolarismo” sturziano, summa del pensiero politico cattolico del secolo scorso in cui è del tutto evidente il senso della laicità dell’impegno politico dei cattolici.

La debolezza strutturale del mondo cattolico costituisce una forte remora al raggiungimento dell’obiettivo posto dal Papa.
Finita la stagione dell’unità partitica, oggi i cattolici italiani subiscono gli effetti perversi della diaspora che li mette alla mercè di altri valori culturali ed ideali. Questi quindici anni di esperienza disastrosa di diaspora dovrebbe convincere i cattolici italiani a cambiare pagina e cercare le strade di un’unità, non solo sui valori, ma anche nelle strategie e negli strumenti operativi. La lezione di laicità, propria, del “popolarismo” sturziano afferma che le forme di presenza politica dei cattolici nella vita del Paese sono assunte in totale autonomia rispetto alle gerarchie ecclesiali; ricordarselo, quando da più parti si teorizza che non è riproponibile l’unità dei cattolici in politica, può essere opportuno.
Accanto a questa debolezza, ne esiste un’altra. Ben più negativa: la base del mondo cattolico, le diocesi, le parrocchie, le associazioni sono alcuni passi indietro rispetto alla ricollocazione pubblica del cristianesimo. Al di là di significative e benemerite, ma sporadiche, iniziative di singoli vescovi manca un piano organico di formazione alla Dottrina Sociale della Chiesa che permei di sé le normali attività formative. Oltre ai convegni e agli incontri specializzati, è necessario calare la formazione alla Dottrina sociale nelle diuturne attività delle associazioni e della parrocchie. Un lavoro che non appare e che non gratifica, ma che serve a costruire quella generazione nuova di politici cattolici di cui ha parlato Benedetto XVI. Certo c’è un’altra strada, più comoda: “appaltare” la formazione ai movimenti; pessima strada che ha consentito l’immissione nel ceto politico di alcuni soggetti cattolici che raramente dimostrano di avere, quale punto di riferimento, la comunità ecclesiale nella sua interezza. Per questo è auspicabile che la Chiesa, espressa nelle Parrocchie e nelle Diocesi, con le sue strutture ordinarie, dia corpo e sostanza all’invito di Benedetto XVI.

lunedì 8 settembre 2008

La Russa. Altro che gaffe: un'ingiuria !



Povero Giovannino Guareschi. Ufficiale del Regio Esercito, per tener fede al giuramento di fedeltà al Re, trascorse alcuni anni in campo di concentramento in Germania. Lui, come tanti altri militari italiani che non seguirono gli allettamenti della Repubblica Sociale Italiana o come tanti altri che, lasciati senza direttive da Badoglio protagonista della “fuga ingloriosa” (qualcuno ricorda ancora la cantata dei partigiani GL del cuneense denominata “la Badogliede”), si opposero ai tedeschi a Cefalonia, in Jugoslavia, in Italia. Prima fra tutti, Aldo Gastaldi.

Povero Giovannino, chissà come deve essersi rivoltato al sentire un Ministro della Repubblica esprimere, nella ricorrenza dell’8 settembre, questa considerazione: “ Farei torto alla mia coscienza se non ricordassi (insieme ai caduti nella difesa della Patria, ndr) che altri militari in divisa, come quelli della Rsi, soggettivamente dal loro punto di vista combatterono credendo nella difesa della Patria, opponendosi nei mesi successivi allo sbarco degli angloamericani e meritando quindi il rispetto, pur nella differenza di posizioni, di tutti coloro che guardano con obiettivita' alla storia d'Italia

Considero importante superare gli steccati della guerra civile che ha insanguinato il nostro Paese. Ma parificare i militari che restarono fedeli al giuramento di fedeltà al re, a quelli che tale giuramento tradirono mi pare veramente un po’ forte.

Se c’erano motivi per opporsi all’entrata nel PPE del carrozzone PdL (con la sua componente AN che non pare aver assorbito completamento la svolta di Fiuggi), questo di La Russa costituisce un macigno difficilmente rimovibile.

Ci pensi bene l’UDC quando verrà il momento di esprimere il proprio parere.

domenica 7 settembre 2008

MORIRE DEMOCRISTIANI

Nell'ultimo numero della rivista "Formiche" è stato pubblicato l'articolo che riporto. Mi pare che contenga spunti di riflessione interessanti, specie in un momento in cui tutti si affannano nell'affermare che non ha più senso un partito di cattolici.
Non solo io ritengo che hanno abbia ancora senso, per il nostro Paese, un partito di cattolici specie dopo l'esperienza della diaspora di questi ultimi quindici anni seguiti al "suicidio" della DC, ma ho la presunzione di ritenere che tale partito non necessariamente debba avere la "benedizione" della Conferenza Episcopale Italiana, proprio perché credo nella laicità della politica.
Comunque, mi sono state di conforto le parole pronunciate oggi a Cagliari da Benedetto XVI.

Ecco l'articolo pubblicato su "Formiche"

Morire democristiani”: per molti ha rappresentato una paura, per tanti altri (soprattutto negli anni della seconda Repubblica) una speranza. Oggi, sembra più che altro un ricordo. Come non si può non notare la marginalizzazione di quella storia e di quegli uomini in questo Parlamento o in questo governo? Il dubbio è che non si tratti di un caso ma di una novità sostanziale. Dopo la fine dell’unità politica dei cattolici (e dell’egemonia Dc), la presenza cristiana era persino aumentata. L’abile regia di Camillo Ruini era riuscita a pervadere i Poli di una significativa nerbatura post-Dc. L’arrivo di papa Ratzinger e l’uscita di scena dello storico capo della Cei ha coinciso con un profondo ridimensionamento dei cattolici nelle istituzioni.
Il punto però non attiene solamente all’aspetto più apparente e superficiale dell’organizzazione del potere in Italia. Quel che oggi viene svelato è il pensiero debole dei centristi (di destra, sinistra e centro): un difetto strutturale di identità e missione.
La capacità politica di Berlusconi di interpretare l’elettorato senza la mediazione dei corpi intermedi, partito incluso, ha determinato uno sbandamento di quei protagonisti abituati alle liturgie, complesse e raffinate, della prima Repubblica. Di più, si è aggiunto il lavoro di elaborazione politica di Giulio Tremonti che ha riformulato le linee guida di una moderna economia sociale di mercato. Tutto questo ha spiazzato gli ex-dc. Che da un lato si erano “dimenticati” di affrontare in modo sistematico ed organico i temi economici e dall’altro sono rimasti prigionieri del pregiudizio anti-Cav, ritenuto – a torto o a ragione – un “usurpatore”. E non è un caso che a finire fuori gioco ci siano anche gli eredi dell’altra grande tradizione politica italiana: la sinistra.
Considerando Berlusconi un’anomalia sono diventati loro stessi – i rappresentanti dell’ortodossia partitica – un’anomalia.
Il guaio più grande è stato pensare che la storia e il presente politico dell’Europa non li riguardasse. È invece l’ancoraggio alle formazioni del Pse e del Ppe la chiave per la normalizzazione del sistema dei partiti in Italia. Certo, sono due grandi famiglie al cui interno convivono identità anche diverse ma quelle restano i punti di riferimento irrinunciabili per le forze politiche. E non c’è dubbio che Pse e Ppe siano alternativi fra loro anche se questo non esclude che, su singoli dossier, e in certi casi possano collaborare (al di là di uno scontato dialogo). Tradotto in italiano, questo significa che il Pd non può non essere nel filone del socialismo europeo e che l’Udc deve fare della sua storica appartenenza al Ppe un fatto strategico. Che, tradotto a sua volta, vorrebbe dire che non può non avere un rapporto privilegiato – ancorché su posizioni distinte – con l’altro partito iscritto nella famiglia popolare, il Pdl. È evidente che il partito di Casini se preferirà, per ragioni assolutamente legittime, non aderire al processo costituente del Pdl dovrà sfidare i cugini ex Forza Italia e An sul terreno dell’identità e del programma, magari recuperando l’adesione di exdc collocati nel Pd. Nel confronto fra le diverse anime del Ppe si potrebbero scoprire le tante contraddizioni del Pdl ma anche le altrettante possibili convergenze con l’Udc. È più importante il dibattito sulla leadership (su cui sono comunque gli elettori a svolgere funzione di arbitro) o la politica? Economia sociale di mercato e sussidarietà possono essere gli argomenti su cui rinnovare l’esperienza democristiana, o cattolica.
In autunno, per forza di cose, si riaprirà seriamente il cosiddetto cantiere delle riforme (una sorta di Salerno- Reggio Calabria del Parlamento). La Lega chiede il federalismo fiscale. I post-dc dovrebbero approfittarne per affermare la loro visione costituzionale e quindi chiedere di procedere contemporaneamente nella riforma della Carta, a partire – insistiamo! – dal titolo V e senza escludere forma di governo e giustizia. La crisi economica che sta muovendo solo i primi passi impone non solo una rigorosa politica di bilancio ma anche istituzioni maggiormente funzionali ed efficaci, tanto a livello nazionale (e locale) quanto a livello internazionale. Le scelte di questo governo sono assai discutibili (pensiamo per esempio alla mancata riforma dei servizi pubblici locali o alla volontà di non ridimensionare le province) ma molte vanno nella direzione giusta. Pensiamo alle proposte di Tremonti in sede europea e di G8. D’Alema, con senso di Stato, le segue con attenzione e spesso con favore. Perchè gli ex-dc che sono a vario titolo nell’opposizione debbono giocare di retroguardia? Per morire democristiani c’è bisogno dei democristiani, e perché i democristiani ci siano c’è bisogno che la strategia prevalga sulla tattica.

sabato 5 luglio 2008

WANTED



PIRATI STRADA, POLIZIA DI GENOVA DIFFONDE FOTO ALBANESE RICERCATO
GENOVA - La polizia di Genova ha diffuso oggi la fotografia del cittadino albanese indicato come responsabile della morte del giovane Andrea Grassi, morto dopo essere stato investito da un pirata della strada che stava fuggendo a una volante della polizia martedì scorso. L'uomo è Ylber Ndoi, 22 anni, alto circa un metro e ottanta, carnagione chiara, corporatura magra. Gli investigatori invitano i mezzi di informazione a diffondere l'immagine e chiedono la collaborazione dei cittadini per eventuali segnalazioni. La pubblicazione della foto del giovane ricercato è stata concordata dalla Squadra Mobile genovese con l'Autorità Giudiziaria per potere raccogliere elementi utili alla cattura dello straniero. Ndoi, spiega la questura di Genova, è clandestino, privo di una fissa dimora ed irreperibile sul territorio nazionale. La polizia di Genova è risalita a Ylber Ndoi da alcune impronte trovate sull'auto rubata con cui ha investito e ucciso il motociclista e da testimonianze raccolte dopo la tragedia in ambienti frequentati dal fuggiasco. Le attuali sembianze del ricercato sono un po' diverse rispetto alla fotografia diffusa stamani dalla polizia. L'immagine risale infatti a due anni fa, ha spiegato il vicequestore Navarra: oggi Ndoi è più magro rispetto alla foto e ha i capelli più corti. Inoltre, mentre l'immagine lo fa apparire di carnagione scura, in realtà l'uomo ha la pelle molto chiara, il volto è pallido. L'albanese, denunciato più volte in passato per reati minori e colpito da un ordine di lasciare l'Italia, è ricercato anche all'estero. E' abituato a vivere in clandestinità con molti sotterfugi, spiegano ancora gli investigatori, e non sarà perciò facile rintracciarlo entro breve. Anche per questo è stata diramata la foto con l'invito a un'ampia diffusione sui media.

lunedì 23 giugno 2008

NON SO SE POTRO' OBBEDIRE

Il giudice genovese Adriano Sansa, sull’edizione de “il Secolo XIX” di Sabato 21 giugno 2008, ha espresso un parere ed ha manifestato una presa di posizione sulla conversione in Legge, all’esame del Parlamento, riguardante l’emendamento al cosiddetto Decreto Sicurezza nella parte che prevede la sospensione dei processi penali.
Tralascio di commentare il parere espresso sul merito del provvedimento in quanto condivido le diverse opinioni negative al riguardo; peraltro credo che il gruppo UDC – stante le dichiarazioni sinora circolate – voterà contro questa norma.
Mi soffermo, invece, sulla presa di posizione in cui il giudice Sansa afferma che “Sta avvicinandosi il tempo in cui dovremo chiederci se obbedire o no alla legge, nel mio stesso tribunale come in tutti gli altri del Paese” e, conclude affermando “Non so se darò istruzioni di sospendere i processi piegando la testa all’abuso, non se se potrò obbedire”.

Francamente sono allibito e tremo al pensiero che ci siano magistrati che immaginino di non osservare la Legge.
So bene che esiste un imperativo morale, alto, che dice che non si devono osservare le leggi contrarie al diritto naturale e lesive dei principi fondamentali di libertà, giustizia e dignità della persona.
Ma dubito, fortemente, che per la fattispecie prevista dall’emendamento possa invocarsi l’obiezione di coscienza.
Non mi addentro sulla problematica della “retta coscienza” con quel che ne consegue !

Resto ai fatti.
Per norma costituzionale (art. 54) tutti i cittadini hanno il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne la Costituzione e le leggi, la cui formazione è affidata (art. 70) collettivamente ai due rami del Parlamento.
Su questi principi costituzionali si innesta un altro principio che, se da un lato garantisce l’autonomia di giudizio del giudice, dall’altro ne circoscrive l’azione: “I giudici sono soggetti soltanto alla legge” (art.101).

Non spetta al giudice sindacare sulla legge; al giudice spetta applicare la legge quale formulata dal Parlamento, unico titolare del potere legislativo.
Certo, nella formazione della legge, il Parlamento si avvale di tutti i pareri e contributi ritenuti utili e necessari (e tra questi anche il parere del Consiglio Superiore della Magistratura), ma sono pareri. Autorevoli, ma pur sempre pareri: nessuno di questi pareri può bloccare (a volte nel passato – e forse anche adesso – si è cercato di intimidire) sul nascere la volontà del legislatore. Guai se una corporazione, una lobby, riuscisse in questo intento: verrebbe meno un altro principio costituzionale, da difendere strenuamente, in cui si afferma che il parlamentare rappresenta la nazione nel suo insieme.

Tanto meno il giudice può rifiutarsi scientemente di applicare una legge, una volta che sia stata approvata dal Parlamento salvo che non ne ravvisi, nel corso di un procedimento l’incostituzionalità: nel qual caso deve attuare gli strumenti previsti di rinvio alla Corte Costituzionale.

Colpisce, poi, nel ragionamento del giudice Sansa il disprezzo in cui tiene il Parlamento considerato “corte di servitori” del Presidente del Consiglio. Possiamo discutere sulle modalità di formazione delle liste elettorali – ed io convengo, da sempre, che occorre tornare al voto di preferenza per sottrarre la nomina dei parlamentari alle decisioni delle Segreteria dei Partiti – ma resta il fatto che il Parlamento è eletto dai cittadini italiani con libere elezioni ed al Parlamento, nel libero gioco delle maggioranze ed opposizioni, spetta il compito di addivenire alla formazione delle leggi.

La presa di posizione del Giudice Sansa rafforza, inevitabilmente, coloro che sostengono che i magistrati esorbitano “politicamente” dalle loro funzioni e dalle loro attribuzioni, senza – peraltro – risponderne ad alcun corpo elettorale.

Voglio sperare, per il bene della democrazia nel nostro Paese, che quanto asserito dal Giudice Sansa rientri nello sfogo improvviso e immeditato a fronte di un provvedimento discutibile.

domenica 18 maggio 2008

GENOVA. Inchieste sulla città


La vicenda giudiziaria che ha investito in questi giorni l’Amministrazione Comunale di Genova costituisce – speriamo per ora – l’ultimo capitolo di una storia che vede la nostra città al centro di inchieste giudiziarie e giornalistiche che attestano un diffuso e ramificato malcostume amministrativo.

Credo che si debba scindere – anche se siamo stati intossicati da quindici anni di giustizialismo giacobino – tra valutazione penale e valutazione politica.

Per la prima dobbiamo attendere serenamente lo sviluppo dell’indagine giudiziaria sino alla conclusione dei processi e considerare innocenti tutti quelli che sono al momento sottoposti ad indagine penale
Per il secondo aspetto alcune valutazioni politiche debbo essere, sin d’ora, tratte. E tali valutazioni sono necessariamente severe.

La questione “mensopoli” dell’Ospedale Galliera, seguita da quella dell’Autorità Portuale di Genova, poi le malversazioni all’Università di Genova ed adesso il Comune di Genova sono tutte lì a dimostrare a quale vuoto morale hanno condotto anni di permanenza al potere della sinistra a Genova.
Dal vaso scoperchiato dalle inchieste, benemerite e coraggiose, della magistratura inquirente e da due noti giornalisti sono emerse, a mio avviso, solo quelle più appariscenti di questo malcostume; la gestione del patrimonio immobiliare del Comune, lo stop and go dell’AMI-AMT, i ritardi nell’apertura del nuovo mercato generale di Bolzaneto, la gestione del territorio, la voragine di spese dello Stadio Ferraris - e quante altre cose che ognuno di noi potrebbe aggiungere -costituiscono materia per il bis del film “Le mani sulla città” di Francesco Rosi.

Tutto è riconducibile al perverso intreccio tra politica e potentati economici che ha condotto la nostra città a livelli paragonabili a quelli di altre aree del Paese in cui il malaffare costituisce la realtà di vita quotidiana: l’unica differenza è che a Genova il malaffare assume vesti di perbenismo, mentre altrove usa la lupara. Ma sempre di assenza di principi etico-morali si tratta.

Parte di questo malcostume è anche il tentativo della sindaco Vincenzi di sfilarsi da questa storia: lei ha scelto e nominato liberamente gli assessori inquisiti, lei ha scelto il proprio portavoce. Tutta la maggioranza di centrosinistra, guidata dalla Vincenzi, risponde politicamente di questa storia, così come tutti i partiti e le associazioni che fanno riferimento all’area di sinistra dello schieramento politico genovese sono responsabili di questo fetore che da decenni ammorba il territorio genovese. Un clima da malaffare che ha inciso negativamente sull’economia, sul lavoro, sulla realizzazione delle infrastrutture, sullo sviluppo del territorio genovese.

Pensavamo di aver consegnato alla storia le monetine dell’Hotel Raphael………..

C’è da chiedersi da un lato che senso hanno le camaleontiche difese della “classe operaia” che viene dileggiata con questi comportamenti immorali e dall’altro come sia possibile che persone che si richiamano ai valori del”bene comune” sostengano e puntellino una maggioranza di centrosinistra che, pervicacemente, scambia i propri interessi di bottega con gli interessi della comunità genovese.

Ricordo – perché me lo dicevano da ragazzino – che l’allora senatore Adiamoli, capogruppo comunista in Comune, soleva concludere i suoi interventi in Consiglio Comunale esortando quel galantuomo del sindaco Pertugio ad andarsene a casa per il bene della città. Quello di Adiamoli era un artifizio dialettico, ma adesso tale esortazione occorre indirizzarla a tutte le maggioranze di centrosinistra che reggono Regione, Provincia e Comune di Genova
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domenica 11 maggio 2008

Caramba..... che legnate !

Dal sito del Secolo XIX in data odierna

Tre nomadi di origine bosniaca - padre, madre e figlio di 22 anni - sono stati arrestati dai carabinieri per aver aggredito con bastoni una pattuglia che svolgeva accertamenti sulla provenienza della loro auto; all’aggressione hanno partecipato anche due figli adolescenti della coppia.
I fatti sino sono verificati intorno alle 13 in via Torricelli, nel quartiere genovese di Borgoratti, dove si trova l’appartamento del Comune occupato dalla famiglia.
Secondo quanto reso noto, i carabinieri sono intervenuti dopo la segnalazione del proprietario di una concessionaria, che nei giorni scorsi aveva avvistato l’auto in questione, sulla cui proprietà è aperto un contenzioso.
Ma perché il Comune li ha alloggiati in un appartamento ?
Forse erano persone precedentemente accampate sul greto del Polcevera ?
Ma non era meglio rinviarli a casa loro di corsa ?
Adesso seguirà l'altro atto: il magistrato che con provvedimento lampo li lascerà di nuovo liberi di "picchiare" i carabinieri.

giovedì 1 maggio 2008

Hungzhou Bay Brige




Novembre 2003 - Maggio 2008


Solo 5 anni per costruire, sulla Hungzhou Bay, un ponte lungo 36 km.
E noi siamo ancora a parlare - grazie a Prodi ed a Pecoraro Scanio - del ponte sullo Stretto di Messina.

Per fortuna che gli italiani li hanno mandati a casa insieme ai loro epigoni del Partito Democratico
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sabato 19 aprile 2008

UDC con Alemanno o con Rutelli ?

Tiene banco, in questo momento, la posizione dell’UDC al secondo turno per le elezioni del sindaco di Roma. Oggi Stefano Folli, in un’intervista apparsa su Liberal, esprime l’avviso che sotto il profilo strategico l’UDC non dovrebbe appoggiare alcuno dei due candidati perché significherebbe schierare definitivamente l’UDC con uno dei due schieramenti nazionali emersi dalle elezioni politiche. Contemporaneamente la base dell’UDC romana sembrerebbe schierata decisamente a favore di Alemanno; ma altri dati indicano un elettorato divisi al 50% fra i due candidati sindaci.

Ho sempre creduto che le vicende amministrative locali debbano essere tenute ben distinte dalle vicende politiche nazionali in quanto i problemi del territorio e della sua gente vanno gestite con un po’ di sano pragmatismo innervato dai principi e dai valori. Certo un conto è ragionare di un piccolo centro, altra cosa è valutare le cose per un grande centro. Non vive nelle astrattezze e capisco perfettamente il rilievo che ha un’alleanza UDC a Milano od a Roma, come a Genova od a Torino.
Per questi grandi centri sarebbe dirompente assumere posizioni diversificate rispetto a quelle tenute dall’UDC a livello nazionale. In tal senso bene ha fatto l’UDC romana a presentare un proprio candidato sindaco. Ma altrettanto bene ha fatto l’UDC genovese a presentarsi in liste comuni con FI, AN e Lega per le elezioni comunali di Camogli e Sestri Levante (per inciso, credo che questo indirizzo debba essere seguito anche per il futuro).

Per il ballottaggio, invece, sarebbe veramente auspicabile – ed è una convinzione che ho da sempre – che i partiti esclusi dalla competizione si astenessero dal dare indicazioni di voto. In tal senso mi è parsa sciocca l’idea delle primarie proposte da Ciocchetti – e poi annullate all’ultimo minuto – mentre condivido in pieno l’opinione espressa dalla Segreteria Nazionale circa l’opportunità di non dare indicazioni di voto.

venerdì 18 aprile 2008

POPOLO DELLA LIBERTA' IL PPE NON FA PER TE !

A fronte del chiacchericcio sul cammino del Popolo della Libertà verso il Partito Popolare Europeo, voglio ricordare alcuni dati di fatto che ad oggi bloccano tale percorso.
Allo stato dei fatti il PdL non è un partito ma una coalizione di partiti ognuno dei quali ha mantenuto la sua soggettività ed autonomia.
Di questa coalizione sono parte partiti membri del PPE, altri che fanno riferimenti al altre realtà europee ed altri che non hanno alcun riferimento a raggruppamenti partitici europei.

Al momento i partiti italiani facenti parte del PPE quali “full member” sono Forza Italia, UDC ed UDEUR, mentre la SVP è presente quale “observer member”. Il PPE è un partito con i suoi organi eletti da regolari congressi – l’ultimo si è svolto a Roma lo scorso anno – ed è presente nel Parlamento Europeo con un proprio gruppo
Il Presidente del PPE ha così definito il PPE:
The EPP is a family of the political centre-right, whose roots run deep in the history and civilization of the European continent and has pioneered the European project from its inception.

Della coalizione PdL fa parte, com’è noto, Alleanza Nazionale i cui europarlamentari sono iscritti al Gruppo UEN (Union for Europe of the Nations), come lo sono gli europarlamentari della Lega Nord. UEN non è un partito, ma un gruppo dell’europarlamento.

Il giorno in cui il PdL dovesse trasformarsi da coalizione in partito (con i relativi passaggi di scioglimento di Forza Italia, di Alleanza nazionale, e degli altri micro-partitini e movimenti che la compongono) potrà chiedere l’adesione al Partito Popolare Europeo; spetterà al Political Bureau del PPE, sentiti i partiti nazionali ( e cioè UDC ed UDEUR), decidere in merito.

Tutto ciò premesso, essendo convinto che la direzione di marcia sia la costruzione di un soggetto partitico italiano che, unitariamente, faccia riferimento al PPE, osservo che:

  1. questo soggetto si costruisce, senza forzature od imposizioni, partendo da un rapporto di parità tra le forze che già attualmente fanno parte del PPE;
  2. la coalizione PdL contiene al suo interno entità che ben difficilmente sono riferibili al PPE e penso ad Alleanza Nazionale, ad Alternativa Sociale Mussolini, ai Radicali di Della Vedova ed ad altri movimenti “imbarcati” per far numero.

Visto che l'UDEUR era stata messa fuori gioco in maniera surrettizia da un'indagine giudiziaria rivelatasi a posteriore un bluff, l'eventuale cancellazione dell'UDC dallo scenario politico italiano avrebbe consentito a Berlusconi di portare dentro il PPE tutto il PdL, magari presentandolo quale versione aggiornata di Forza Italia..

Gli è andata male, l'UDC c'è ancora - nonostante gli attacchi suibiti da destra e da sinistra - e continuerà a costituire l'antemurale all'adesione di Fini, Mussolini, Dalla Vedova al PPE.

mercoledì 2 aprile 2008

ESTERNAZIONI ON. VITTORIO ADOLFO

Leggo le dichiarazioni di Vittorio Adolfo sull'edizione odierna de "Il Giornale" e resto esterrefatto. Credo che se Vittorio cadesse per terra romperebbe le lastre con il viso. Con una sicumera a tutta prova compie un'analisi dell'ultimo periodo in cui ha fatto parte del partito: si scorda, tuttavia, di essere stato l'artefice quale Segretario Regionale della sconfitta elettorale alle ultime elezioni amministrative, così come dimentica di essere l'artefice dell'arrivo delle due meteore Abbundo e Marcenaro, di aver perso un regolare Congresso Regionale, ma – soprattutto – nasconde di aver aderito al movimento "La Rosa Bianca" di Pezzotta e Baccini cui tutto si può addebitare tranne che volesse associarsi a Berlusconi.
Quando si è reso conto che nella "Rosa Bianca" non avrebbe avuto alcun spazio è tornato indietro nell'UDC.
A quel punto l'UDC ha ritenuto, giustamente, di non ricandidarlo. E così il nostro Vittorio ha cercato un'altra casa e con una coerenza invidiabile è passato alla corte diBerlusconi, verso cui – peraltro – nei tempi in cui era Segretario regionale non ha mai mancato di esprimere dissenso.
Poi afferma che l'UDC si è appiattito sul PD: forse se Vittorio, come altri, avesse letto il programma elettorale dell'UDC si sarebbe risparmiato questa ennesima brutta figura.
Se mi è consentito auguro alla Liguria e consiglio agli amici di ForzaItalia che gli hanno concesso ospitalità di stare bene attenti che il nostro Vittorio non pensi a "dare una mano alla Liguria": sarebbero sicuramente guai.

giovedì 27 marzo 2008

ALITALIA. E' SOLO QUESTIONE DI SOLDI ?

Dietro le strampalate e fumose ipotesi di Berlusconi circa una "cordata" italiana che rileverebbe l'Alitalia, esiste la convinzione che siano sufficienti capitali freschi per rilanciare sul mercato del trasporto aereo la nostra compagnia di bandiera.
Si tratta, a ben vedere, di una scelta che considera la "finanza" l'unico motore della società globalizzata.
Ma questa è una scelta che sinora ha prodotto ben pochi benefici ed ottimi guadagni agli investitori finanziari che - per abusare di una frase arcinota - hanno socializzato le perdite e privatizzato i guadagni in ogni operazione in cui sono intervenuti.
Nel caso Alitalia - come per altre compagnie del trasporto aereo che nel passato si sono trovate in situazioni difficili - il problema non è di natura finanziaria, ma di natura industriale.
Certo le risorse finanziarie dell'Alitalia si sono via via ridotte al lumicino nel corso degli ultime decenni - e se non ci si sbriga a decidere le sorti dell'Azienda si arriverà al fallimento - ma le vera ed unica causa di questa situazione si chiama mancanza di una efficiente gestione economica ed industriale dell'azienda.
Vogliamo utilizzare parole di moda? Allora diciamo: management inefficiente.
Per questo le fumisterie di Berlusconi sono pericolose, infatti:
  • turbano una trattativa fra soggetti privati
  • determinano conseguenze sul valore del titolo azionario dell'Alitalia
  • introducono valutazioni di natura politica in una vicenda che deve essere lasciata al mercato (un vizietto statalista che la dice lunga sul presunto liberalismo di Berlusconi....)
  • utilizzano questa difficile vertenza quale clava elettorale
  • non vanno alla radice del problema, ma si limitano a chiamare a raccolta investitori finanziari senza porsi minimamente la questione dell'elaborazione di un "piano industriale" per la futura gestione dell'Alitalia
  • bloccano la realizzazione di un vettore aereo europeo che per dimensioni, linee aeree e penetrazione sul mercato internazionale costituirebbe la maggiore compagnia aerea mondiale
  • allungano, nel tempo, l'agonia dell'Alitalia giacché gli investitori finanziari (posto che si materializzino in tempo utile) saranno costretti ad abbandonare l'azienda per mancanza di rimunerazione del capitale investito; a quel punto il mercato aereo italiano sarà completamente occupato da compagnie aeree straniere (Lufthansa, Air France/KLM, Ryanair) e avremo tutti i dipendenti Alitalia sul lastrico

Per questo è necessario lasciare proseguire le trattative in corso cercando di salvaguardare, per quanto possibile, i posti di lavoro.

martedì 25 marzo 2008

VOTO UTILE


Carissimi, riprendo dal blog dell'on. Bruno Tabacci una parte di un intervento che rafforza la mia convinzione circa la necessità di votare l'UDC alle prossime elezioni politiche, rifiutando la logica del "voto utile" (ma quando mai ?) sostenuta da berlusconi e, più sommessamente, anche da Veltroni.
Messo alle strette a Bruxelles, di fronte all’evidenza dei casi Ciarrapico e Mussolini che rendono imbarazzante per il Partito Popolare Europeo anche solo l’ipotesi di un’ammissione del Pdl nel Ppe, Antonio Tajani, capogruppo di Forza Italia nel Ppe in Europa, un paio di giorni fa ha dovuto ammettere: “Il Pdl non è un partito ma una coalizione elettorale”. L’ammissione di Tajani, che in un altro Paese avrebbe dovuto comportare uno sconquasso sulla campagna elettorale visto che smentisce dalle fondamenta il primo pilastro della campagna elettorale del favorito numero uno alla presidenza del Consiglio – “governeremo meglio perché siamo uniti, siamo un solo partito, i piccoli non esistono più, esistono solo due grandi partiti, noi e il Pd”, ripete da un mese e mezzo Berlusconi – è finita nascosta in tre righe sui principali giornali italiani. Veltroni avrebbe potuto cavalcarla, metterla in evidenza, farla conoscere a tutti grazie alla visibilità mediatica di cui gode. Se ne è ben guardato. Il motivo è semplice: l’ammissione di Tajani vale anche per il Pd. Un partito che finge di tenere insieme Radicali e Teocon, Bonino e Binetti, ex comunisti ed ex anticomunisti, Di Pietro e garantisti, ambientalisti conservatori e riformisti semplicemente non è un partito, è una coalizione elettorale. Pdl e Pd non sono altro che le nuove scatole che contengono gli stessi arnesi del bipolarismo di coalizione che raccontano di voler superare. E Berlusconi e Veltroni non sono altro che la riedizione dei Berlusconi-Prodi, o Berlusconi-Rutelli, degli ultimi 14 anni.Ecco perché in campagna elettorale non si parla mai dei problemi concreti del Paese. Quelli scomodi, sollevati tre giorni fa dal professor Sartori in un efficace e quanto mai spietato editoriale pubblicato in prima pagina dal Corriere della Sera. Debito pubblico, mafia, infrastrutture (e risorse per realizzarle), emergenza clima (e costi per affrontarla), smantellamento del federalismo (che in Italia ha portato solo ad aumenti di inefficienza e spesa). I due partiti-coalizioni elettorali che si contendono la guida del prossimo governo non sapranno affrontarli come non li hanno saputi affrontare dal 1994 ad oggi perché sono pronti a fare un governo pieno di contraddizioni al suo interno, dunque paralizzato.Ecco perché preferiscono costruire programmi elettorali da sogno e parlano solo di quelli. Si affidano a sondaggisti e maghi della comunicazione, si fanno spiegare che cosa gli italiani vogliono sentirsi dire per conquistare il loro voto e si richiamano solo ai programmi per tutta la campagna elettorale.

giovedì 21 febbraio 2008

PROVINCIA. ENTE DA ABOLIRE

In questi giorni sta riprendendo quota il dibattito sull'eventuale abolizione dell'ente Provincia, considerato ente intermedio inutile fra il livello regionale e quello comunale. Tra le motivazioni a corredo viene portata la necessità di contenere le spese della pubblica amministrazione e la necessità di costituire - finalmente - la cosidetta "citta metropolitana" ove esistano delle conurbazioni di rilievo, quali Milano, Torino, Genova, Roma ecc.
Probabilmente tutto ciò ha un senso ai fini della semplificazione delle articolazioni della pubblica amministrazione, così come potrebbe averne immaginare l'abolizione delle Comunità Montane.
Ma la questione è mal posta. Infatti si continua a ragionare seconda una logica che prevede che le articolazioni territoriali - e la sottintesa rappresentanza degli interessi dei cittadini - debba essere identica su tutto il territorio della Repubblica.
Ma l'Italia - e il suo territorio - è molto difforme per cui in alcune aree può essere sufficiente un'unica articolazione a livello comunale, mentre in altre aree può essere necessaria un'articolazione intermedia fra Regione e Comuni; inoltre occorre anche definire quali servizi e funzioni debbono assolvere i Comuni e quali è opportuno siano svolte da entità intermedie - Province, Comunità Montane, Associazioni di Comuni, Consorzi di bacino ecc. ecc.) fra questi ultimi e la Regione.
Per questo ritengo che qualora si metta mano alle articolazioni della Repubblica definite dalla Costituzione Italiana si debbano mantenere tre capisaldi:
  • salvaguardare la partecipazione e la rappresentanza degli abitanti di un dato territorio;
  • mantenere integra la rete dei Comuni italiani (il loro accorpamento non pare realisticamente perseguibile......salvo atto di imperio);
  • lasciare ad ogni regione la potestà di organizzare la rete intermedia degli enti territoriali fra Comune e Regione, fissando alcuni criteri oggettivi quali a) il costo degli stessi che non deve in alcun modo gravare sulla finanza statale, né in modo diretto né in modo derivato. e neppure prevedere aggravi fiscali per i gli abitanti; b) reali esigenze di servizi e funzioni da assolvere

Resta la questione degli uffici territoriali dell'Amministrazione statale e dei grandi Enti Pubblici (prefetture, questure, ecc.): tali uffici dovrebbero essere parametrati su scala regionale, sopprimendo l'attuala scala provinciale con conseguente abbattimento di costi.

domenica 17 febbraio 2008

UDC. BARRA AL CENTRO E VIA COSI' !

Quando Veltroni ha scelto di far correre il Partito Democratico da solo, sia pure con la ruota di scorta dell'IdV, probabilmente non ha valutato le conseguenze dirompenti della sua decisione. Vediamo, a mio avviso, queste conseguenze:


Il bipolarismo, ancorché imperfetto, entro cui era stata costretta la vita politica del nostro Paese è stato cancellato; non esistono più le due polarità rappresentate a sinistra dall'Unione ed a destra dalla Casa delle Libertà;
Parimenti è stato cancellato il bipartitismo tendenziale verso cui stava avviandosi il Paese e sono apparsi sulla scena cinque aree partitiche: la sinistra radicale rappresentata dalla Sinistra Arcobaleno, la sinistra moderata rappresentata dal Partito Democratico/Idv con l'aggiunta dei socialisti e radicali, il centro rappresentato dall'UDC/Rosa Bianca/Udeur, la destra moderata rappresentata dal Popolo delle Libertà/Lega Nord e la destra radicale rappresenta dalla "La Destra"
La nuova offerta partitica consente all'elettore di scegliere in modo più libero il partito di riferimento superando la lacerazione del Paese in due blocchi contrapposti che vedeva da una parte i fans di Berlusconi e dall'altra quelli di Prodi
Ancorché necessitato si è aperto uno spazio, sinora impossibile, per un'area di centro che necessariamente sospinge a destra il "Popolo delle Libertà" (indipendentemente dalla presenza della Mussolini e di Fini e co.) ed a sinistra il "Partito Democratico" (su cui incombe l'adesione al Partito Socialista Europeo);
L'area di centro viene occupata dall'UDC e dalla Rosa Bianca cui, potrebbe aggiungersi l'Udeur;. un'area di sicuro riferimento per l'elettorato moderato ed attento ai valori di riferimento - anche se spesso disattesi nella pratica - dell'impegno politico dei cattolici.

Tutto questo incide da un lato sull'attendibilità dei sondaggi elettorali, dall'altro apre scenari impensati su ogni ipotesi di governo post-elezioni.
Tra gli scenari possibili c'è anche l'accordo Partito Democratico - Popolo delle Libertà. Contro questa ipotesi occorre lavorare tutti rafforzando l'area di "centro": ne va della democrazia e della libertà nel nostro Paese !

Per questo l'UDC deve guardare esclusivamente al centro senza occhiate "assassine" né verso destra (Popolo delle Libertà), né verso sinistra (Partito Democratico), ricercando generosamente accordi ed intese con la Rosa Bianca e, se del caso, con l'UDEUR.

In buona sostanza per l'UDC esiste sola una rotta: BARRA AL CENTRO E VIA COSI' !

martedì 12 febbraio 2008

UN SIMBOLO SENZA STORIA




Se la politica è l'arte del possibile ne consegue che le asprezze ed i toni ultimativi sono sempre da evitare, specie se esprimono contenuti offensivi per gli interlocutori. A maggior ragione sono da evitarsi nei confronti di chi è stato e può essere un alleato prezioso.
In questo senso lo sprezzo dimostrato verso il simbolo dell'UDC da parte di Berlusconi nel corso della trasmissione "Porta a Porta" di stasera appare del tutto gratuito, immotivato e privo di spessore politico.
Quel sinbolo, in cui campeggia lo "scudo crociato con il motto Libertas", rappresenta decenni di storia del nostro Paese, la cultura politica dei cattolici italiani, l'impegno per la Repubblica e la Costituzione, la conservazione della libertà contro il comunismo, la lotta contro il terrorismo nero e rosso, il sacrificio di Aldo Moro (e di tanti altri che cui non menziono), e mi fermo qui.
No, caro Cavaliere, dietro a quel simbolo c'è una lunga storia di cui l'UDC va fiera e che giustamente vuol salvaguardare perché un popolo senza radici è un popolo senza futuro
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domenica 10 febbraio 2008

Moderati uniti o divisi ?

Quello che sta vivendo in questo momento l'UDC è un momento difficile.

Dopo aver contrastato coerentemente il Governo Prodi sino alla sue dimissioni, aver proposto la costituzione di un governo di responsabilità purchè ne fosse partecipe Forza Italia ed aver, conseguentemente, rifiutato le proposte del sen. Marini nonostante l'allettamento della riforma elettorale "alla tedesca". Nonostante abbia ribadito, coerentemente con il mandato ricevuto dagli elettori, la propria volontà di dar vita ad una coalizione di centro destra che vedesse partecipi i quattro partiti costituenti della vecchia Casa delle Libertà.
Nonostante tutto ciò l'UDC è stata messa alla porta dal duo Fini-Berlusconi senza neppure uno straccio di motivazione.
Se poi si guarda alle posizioni espresse dai mass-media si ha quasi la sensazione che sia in atto il tentativo di liquidare definitivamente l'esperienza dei democratici cristiani cui, sostanzialmente, l'UDC si richiama ed alla cui ispirazione ideale ha sempre fatto riferimento.
Immaginare che sia utile per il nostro Paese cancellare l'unica forza politica che - con le sue luci e le sue ombre - fa espresso riferimento alla Dottrina sociale della Chiesa pare un'operazione alquanto singolare.
Così come non pare utile spaccare in maniera traumatica il fronte dei moderati italiani se, come assodato, il nostro Paese necessita di un periodo di concordia e stabilità che solamente i moderati possono assicurare.
Credo veramente auspicabile un ripensamento di questa chiusura verso l'UDC in modo da poter ricompattare tutto il centrodestra, nel rispetto e salvaguardia delle identità di ogni componente e nella garanzia della stabilità e lealtà dell'intera compagine.

mercoledì 6 febbraio 2008

MAERSK E LOGICA DEL PROFITTO

Oggi il gruppo armatoriale A.P. Møller-Mærsk ha annunciato il taglio di circa 200 posti di lavoro. Saranno lasciati a casa chief steward e ratings di nazionalità danese imbarcati su navi portacontainer e navi cisterna battenti bandiera danese. I marittimi danesi saranno sostituiti da equipaggi di altre nazionalità.

L'iniziativa - ha spiegato il gruppo armatoriale danese - è stata assunta per consentire un ritorno al profitto. Questi tagli - ha precisato A.P. Møller-Mærsk - sono il risultato dell'internazionalizzazione dei marittimi che è in atto da alcuni anni e che riflette il fatto che gli equipaggi internazionali hanno dimostrato le loro capacità. «Oggigiorno - ha sottolineato il gruppo - dobbiamo assumere marittimi in base alla concorrenzialità dei costi».
Certamente anche i maritttimi di nazionalità diversa da qulla danese hanno il diritto di lavorare, ma la questione non è posta in base al diritto al lavoro bensì in base al minor costo dei marittimi extracomunitari rispetto a quelli danesi .
Se quando si parla di internazionalizzazione dei marittimi, si parlasse anche di equa e giusta retribuzione dei marittimi indipendentemente dalla loro nazionalità ?
Se si evitasse di avere nella stessa Compagnia Armatoriale, sulla stessa nave, persone che a parità di lavoro percepiscono una paga differenziata in base alla loro nazionalità ?
Utopia ?
Può darsi......ma non tanto perché questa logica del profitto ci porterà tutti alla rovina

giovedì 31 gennaio 2008

TABACCI e la ROSA BIANCA

Peccato. Poteva essere bello lavorare ancora insieme per costruire, con i tempi necessari, il centro alternativo al bipolarismo che tanti problemi ha creato al nostro Paese.

Le condizioni politiche e la legge elettorale sono tali che non consentono, al momento, realisticamente la costruzione e una presenza parlamentare significativa ad un polo di centro e, in politica - così come mi ebbe ad insegnare un grande amico dell'allora Forze Nuove cui mi sono sempre ispirato nella mia militanza democristiana - la testimonianza serve poco o niente.




Dire che la fretta è stata cattiva consigliera, anche se nel caso la fretta è comprensibile visto il degrado della società italiana, è un'ovvietà.


Dire che un po' più di sano realismo ed un po' più di umiltà sarebbero stati necessari è altrettanto ovvio.

Comunque, un grazie a Tabacci per quello che ha dato alla DC, prima, ed all'UDC dopo.

Voglio augurarmi che questa testimonianza consenta di ritrovarci, un domani, in una grande partito di centro.