mercoledì 3 settembre 2014

CHI VUOLE LA PACE  OPERA PER LA PACE

Tutto quello che si poteva fare per determinare una situazione di conflittualità fra la Russia e l'UE è stato fatto. Dalla scriteriata proposta di un accordo economico UE-Ucraina, alle sanzioni economiche contro la Russia, alle manovre militari NATO a ridosso della frontiere russe.
Solo analisti col cervello bacato potevano immaginare che la Russia avrebbe lasciato fare e così, piano piano, il livello del rischio si è'alzato e l'Europa si ritrova con lo spettro della guerra alle porte.

Siamo ben distanti dallo "spirito di Pratica del Mare" ove la Russia di Putin venne ammessa al "club dei 20" come così scriveva "la Repubblica" del 28 maggio 2002 " Con la firma da parte dei 19 paesi membri della Nato e della Russia della Dichiarazione di Roma, le porte dell'Alleanza atlantica si sono aperte all'ex potenza comunista. I capi di Stato e di governo dell'Alleanza e il presidente russo Vladimir Putin, riuniti nella base militare di Pratica di Mare, hanno in questo modo messo la parola fine alla contrapposizione che ha caratterizzato gli anni della guerra fredda, e inaugurato una nuova visione unitaria degli equilibri mondiali, che ha come obiettivo primario la lotta contro il nemico comune del terrorismo.

Formalmente la Dichiarazione di Roma, firmata a fine mattinata, crea un Consiglio a venti, composto dai paesi Nato e dalla Russia. In questa sede i membri potranno discutere e adottare decisioni su base paritaria su nove temi: lotta al terrorismo, gestione delle crisi, non proliferazione delle armi di distruzione di massa, controllo degli armamenti e misure di rafforzamento della fiducia reciproca, difesa contro i missili di teatro, operazioni di salvataggio in mare, cooperazione militare e riforma dei sistemi di difesa, piani a fronte di emergenze civili, sfide e nuove minacce. Le decisioni, hanno spiegato i leader, verranno prese con il metodo del "consenso", sulla base di "un dialogo comune
".



lunedì 31 marzo 2014

RIFIUTI A GENOVA

La politica del non decidere seguita dalle Amministrazioni d sinistra che si sono succedute negli ultimi decenni ha portato: 1. al disastro di Scarpino; 2. alla necessità di inviare fuori Regione la frazione umida (con costi elevati per tutti noi genovesi); 3. la quasi certa chiusura del conferimento rifiuti a Scarpino e l'inevitabile invio degli stessi presso l'inceneritore di Brescia. Proprio quell'inceneritore (termovalorizzatore od altro) che non si è stati capaci di realizzare a Scarpino per le indecisioni, incapacità e dissidi interni della sinistra.

 TANTO PAGANO I GENOVESI CHE...CONTINUANO A VOTARE DEGLI INCAPACI!
 
P.S. Per non parlare dei gabbiani che prosperano a Scarpino e spesso bloccano l'operatività del vicino aeroporto "C.Colombo"

mercoledì 26 marzo 2014

TIRRENO POWER A VADO LIGURE

La preoccupazione per gli sviluppi dell’inchiesta legata alla centrale elettrica di Vado Ligure va di pari passo con la richiesta di chiarezza sulle questioni ambientali, unitamente all’esigenza di un’attenta valutazione per le conseguenze dirette e indirette che si addensano attorno alla Centrale in termini di occupazione, di gestione industriale e di più ampie ricadute sul sistema elettrico nazionale.

La sicurezza degli impianti industriali deve andare di pari passo con il rispetto dell’ambiente e della salute; tuttavia deve essere chiarito quali siano le differenziazioni tecnologiche tra l’impianto di Vado Ligure rispetto ad altre centrali dello stesso tipo italiane ed estere. Così come deve essere efficiente e trasparente il rispetto delle norme da parte dell’Azienda, nonché certo e puntuale il controllo degli Organismi preposti.

La de-industrializzazione della Liguria è già stata pagata a caro prezzo in termini occupazionali ed economici, non possiamo permetterci un'altra chiusura!

L’assenza di una politica energetica nazionale non può, comunque, far dimenticare come le attività manifatturiere italiane richiedano tanta energia e a costi concorrenziali con i “competitors” stranieri; questa energia è basata in grandissima parte – né potrebbe essere diversamente – sul carbon fossile giacché le fonti energetiche alternative danno, e potranno dare anche nel futuro, un piccolo contributo percentuale per le esigenze industriali del Paese. Ricordarselo nel momento dello stop giudiziario alla Centrale di Vado Ligure e della pressoché certa reiterazione della difficoltà di approvvigionamento di metano dai fornitori dell’Asia centrale, può solo fare bene allo sviluppo ed al rilancio del sistema socioeconomico dell’Italia.