mercoledì 28 gennaio 2009

UDC ED ELEZIONI AMMINISTRATIVE IN LIGURIA

Confinata in un trafiletto sul “Secolo XIX”, con maggior spazio sull’edizione genovese de “Il Giornale” oggi è stata data notizia dell’accordo intervenuto tra l’UDC, Lega Nord e Popolo delle Libertà, per costituire liste comuni in occasione delle prossime elezioni amministrative che si svolgeranno nei 48 comuni della Provincia di Genova. Sin dall’inizio delle trattative, questa mi è parsa una scelta coerente con la storia e la cultura politica dell'UDC e strategica sotto il profilo politico.
Qui in Provincia di Genova c’è l’esigenza di consolidare un sistema di alleanze alternativo al sistema di potere incentrato sulla sinistra, PD compreso. E questo sistema di alleanze deve trovare riscontro anche per le prossime elezioni regionali: rompere il sistema di potere della sinistra è un dato strategico.
Chi dovesse operare in diversa direzione compirebbe, a mio avviso, un errore politico sostanziale.
Spiace notare come, sull’altare di un ostracismo all’UDC che si sta manifestando nelle altre tre Province liguri, si corra il rischio di perdere tutti e riconsegnare la Liguria alla sinistra.Credo che ad Imperia, a Savona ed a La Spezia sia opportuno che la PdL superi questa posizione di sprezzante autosufficienza e ricerchi l’intesa con l’UDC sin dalle prossime elezioni amministrative.
Se questo è possibile in altre realtà italiane, non si comprende perché debba essere impossibile in Liguria.

sabato 17 gennaio 2009

A tutti gli uomini liberi e forti. 90 anni dopo



Sono passati 90 anni da quel 18 gennaio 1919 in cui la Commissione provvisoria del nascente Partito Popolare indirizzò l’Appello al Paese, meglio conosciuto come “appello a tutti gli uomini e forti”. La sapiente guida di don Luigi Sturzo aveva consentito alle varie espressioni del cattolicesimo italiano di dar vita ad una formazione partitica che, per la prima volta nella storia dell’Italia unita, vedeva i cattolici impegnati – insieme – nella partecipazione politica del Paese.

Fu una formazione partitica che, sia per le temperie del tempo sia per laica fedeltà nei confronti della gerarchia ecclesiastica, visse pochi anni; ma le persone e le idee rimasero sottotraccia durante il regime fascista e permisero la costituzione della Democrazia Cristiana. Da quell’esperienza trae origine il Codice di Camaldoli e le idee che, insieme a quelle di altre culture, diedero vita alla Costituzione repubblicana, alla ricostruzione del Paese ed alla salvaguardia della libertà e della democrazia.

Ricordare quell’appello, di cui riporto alcuni brani significativi, ci dia la capacità di reinterpretare la presenza politica dei cattolici italiani e tenga lontano da noi la mai sopita tentazione di ripiegarsi sul buon tempo andato.



APPELLO AL PAESE
“A tutti gli uomini liberi e forti, che in questa grave ora sentono alto il dovere di cooperare ai fini supremi della patria, senza pregiudizi né preconcetti, facciamo appello perché uniti insieme propugnino nella loro interezza gli ideali di giustizia e di libertà…
Ad uno stato accentratore tendente a limitare e regolare ogni potere organico e ogni attività civica e individuale, vogliamo sul terreno costituzionale sostituire uno stato veramente popolare, che riconosca i limiti della sua attività, rispetti i nuclei e gli organismi naturali – la famiglia, le classi, i comuni – che rispetti la personalità individuale e incoraggi le iniziative private……domandiamo la riforma dell’istituto parlamentare sulla base della rappresentanza proporzionale…; vogliamo la riforma della burocrazia e degli ordinamenti giudiziari, la semplificazione della legislazione, ilo riconoscimento delle classi, l’autonomia comunale, la riforma degli enti provinciali, e il più largo decentramento nelle unità regionali.
Ma sarebbero vane queste riforme senza il contenuto se non reclamassimo, come anima della nuova società, il vero senso di libertà rispondente alla maturità civile del nostro popolo e al più alto sviluppo delle sue energie:libertà religiosa…; libertà di insegnamento senza monopoli statali; libertà alle organizzazioni di classe…libertà comunale e locale…..
Ci presentiamo nella vita politica, con la nostra bandiera morale e sociale, ispirandoci ai saldi principi del cristianesimo che consacrò la grande missione civilizzatrice dell’Italia; missione che anche oggi, nel nuovo assetto dei popoli, deve rifulgere di fronte ai tentativi di nuovi imperialismi, …..
A tutti gli uomini moralmente liberi e socialmente evoluti, a quanti nell’amore della patria sanno congiungere il giusto senso dei diritti e degli interessi nazionali con una sano internazionalismo, a quanti apprezzano e rispettano le virtù morali del nostro popolo, a nome del partito popolare italiano facciamo appello e domandiamo l’adesione al nostro programma. Roma, 18 gennaio 1919”

lunedì 5 gennaio 2009

PALESTINE AND ISRAEL. PEACE !


Estrapolo da un articolo pubblicato da ASIA News il 30 dicembre 2008, a firma di Arieh Cohen
" I discorsi pubblici parlano molto spesso di “gestire il conflitto”, piuttosto che “risolvere il conflitto”. Le speranze dei più seri leader civili e militari in Israele – e altrove – sembrano concentrate a raggiungere un’altra – ovviamente temporanea – “tregua” con Hamas, invece che cambiare totalmente la situazione presente; si cerca di ristabilire “le regole del gioco”, piuttosto che di cambiare “il gioco” stesso.
Tutto ciò è veramente penoso.
Ritornare alla proposta della Lega Araba.
È ovvio, per ora Israele deve fare quel che deve fare (ma cosa esattamente?) per fermare gli attacchi quotidiani dei terroristi fanatici verso le città e i villaggi del sud. E dopo? L’ironia amara della situazione è che le basi per costruire la pace sono già presenti, se si facessero delle scelte fondamentali. L’iniziativa di pace della Lega Araba della primavera 2002, confermata di continuo fino ad oggi, può rafforzare in modo potente le basi della Conferenza di pace di Madrid del 1991 che, riconvocata o lanciata di nuovo, potrebbe mettere insieme la “scelta strategica” della Siria a un trattato di pace con Israele e l’accettazione della pace con Israele espressa da tanto tempo dall’Olp. Ciò porterebbe a edificare un nuovo Medio Oriente, un’area sicura e pacifica che isolerebbe il regime estremista in Iran e contribuirebbe a tenere lontano l' “internazionale terrorista” simbolizzato da Al Qaeda.Finché non sarà adottata un pista simile e perseguita con vigore fino alla conclusione, le previsioni sono piuttosto buie. E anche se può succedere di tutto (perfino qualcosa di buono), l’osservatore che guarda i mesi a venire è preso da cattivi presentimenti."
Fin qui l'articolo che, benchè "vecchio" di qualche giorno, individua con chiarezza la debolezza dell'agire delle Nazioni Unite, dell'Unione Europea (con la ridicola presenza sul campo di due delegazioni portatrici di proposte differenziate), della stessa Lega Araba (che conclude con un nulla di fatto la riunione d'emergenza al Cairo). Non si tratta di "gestire" l'ennesima crisi della regione, bensì di "risolvere" una situazione vecchia di sessant'anni e garantire la pace a Israele ed alla Palestina.
Una soluzione già individuata dalle Nazioni Unite quando approvarono nel 1948 la spartizione fra ebrei e palestinesi dell'ex Mandato britannico con la conseguente creazione di uno Stato palestinese e di una stato ebraico.
Contro quella decisione si scatenò la primaguerra arabo-israeliana con la conseguenza che lo Stato di Israele mantenne la sua esistenza e quello palestinese non si realizzò; in compenso l'Emirato di Transgiordania si appropriò della Cisgiordania e divenne il Regno hascemita di Giordania ed iniziò il fenomeno dei rifugiati palestinesi. Dimenticare questo dato essenziale dei Paesi arabi che furono - e rimasero negli anni - i veri responsbaili della situazione palestinesi significa non compiere un servizio alla verità.
Eppure è proprio ripartendo da lì, dalla decisione del 1947 delle Nazioni Unite - ripresa a Oslo, a Madrid, a Camp David in diverse e più articolate maniere - che si può "risolvere" la questione.
Uno Stato Palestinese, uno Stato israeliano che collaborano economicamente tra loro e garantiscono ai loro popoli un futuro di pace duratura

domenica 4 gennaio 2009

HAMAS AND TAMIL TIGER REBELS



In questi giorni l'esercito dello Sri Lanka ha conquistato una parte importante del territorio settentrionale dell'isola sinora controllato dai ribelli Tamil, ivi compresa quella che sinora era considerata la capitale dello stato ribelle Tamil.

Vi è una sorprendente analogia tra l'azione del governo dello Sri Lanka e quello di Israele. entrambi lottano contro dei terroristi che minacciano la vita e la pacifica convivenza delle popolazioni civili dei rispettivi Paesi.

Ma non vi è analogia nell'attenzione che viene posta a queste due azioni.

Nel caso di Israele si muove mezzo mondo quasi che dalla soluzione del conflitto, innescato sessant'anni fa dai Paesi arabi che non vollero accettare la decisione delle Nazioni Unite che prevedeva uno stato palestinese accanto ad uno stato israeliano, dipenda la pace nello scacchiere mediorientale ed i destini del mondo. Per non parlare delle solite manifestazioni e prese di posizioni della sinistra, uggiose e ripetitive.
Nel caso dello Sri Lanka e di tante altre situazioni analoghe, le diplomazie e gli organismi internazionali prendono atto che si tratta di azioni leggittime tese a contrastare il terrorismo o debellare ribelli all'ordine costituito.
Due pesi, due misure. Uno strabismo che può essere dettato solamente da a-priori ideologici.