venerdì 12 settembre 2008

FORZE NUOVE
Una nuova generazione di politici cattolici

Qualche tempo fa, scrivevo che per i cattolici italiani si è aperta una quarta fase per la loro presenza, per il loro servizio all’interno della comunità nazionale. Torno su questo argomento perché di tutto mi accorgo, tranne che di un impegno politico dei cattolici. Forse ha ragione Benedetto XVI a chiedere forze nuove, visto il flop colossale che i cattolici impegnati in politica – ad iniziare dagli autoproclamatisi “cattolici adulti” – hanno realizzato da quando si è “suicidata” la Democrazia Cristiana ai giorni nostri.
Un flop che si è combinato con il progressivo rinserrarsi nel ghetto dei temi “non negoziabili”: la bioetica, la difesa della vita, la tutela della famiglia e così via. Quasi che solo questi argomenti possano giustificare l’impegno dei cattolici nella vita pubblica, quasi che su altri argomenti del convivere civile: lavoro, economia, energia - tanto per citarne alcuni a caso – i cattolici non abbiano nulla da dire. Mi piace ricordare come, nell’immediato dopoguerra, politici cattolici quali De Gasperi, Gonnella, Fanfani, Mattei, Vanoni, Segni contribuirono o determinarono - rispettivamente – le scelte internazionali, giuridiche, abitative, energetiche, fiscali ed agrarie che consentirono al Paese di sviluppare il cosiddetto “miracolo economico” degli anni ’60.

Non posso accettare che i temi economici e sociali siano dominio incontrastato degli allievi del prof. Ruffolo o che i temi della giustizia siano una riserva di caccia di liberali e di marxisti.
Se i cattolici italiani prestassero maggior attenzione ai temi della politica anziché agli starnazzamenti sulle varie leadership oppure sugli amorazzi captati dalle onnipresenti intercettazioni telefoniche, sarebbe un bel passo avanti.
Ragionare sull’economia sociale, sulla sussidiarietà, sulla politica energetica potrebbe essere l’impegno per una stagione che si annuncia difficile, non per colpa dell’ex-governo Prodi o dell’attuale governo Berlusconi, ma per la situazione internazionale.

Benedetto XVI, a Cagliari, ha affermato che “Serve una nuova generazione di politici cattolici”. Un concetto forte, ma che ci riporta ad una debolezza strutturale dei cattolici italiani.

Un concetto forte perché riafferma il principio che la Fede non va rinserrata nella sfera privata, ma testimoniata nella vita pubblica, con coerenza, traducendo il messaggio evangelico in progetti politici credibili. In altri termini “Dio non può essere confinato in sacrestia”, ma testimoniato col nostro impegno nelle cose della politica. Per questo servono forze nuove, che percorrano strade nuove.
Forse è opportuno che nel ricercare e percorrere strade nuove i cattolici italiani riscoprano criticamente il “popolarismo” sturziano, summa del pensiero politico cattolico del secolo scorso in cui è del tutto evidente il senso della laicità dell’impegno politico dei cattolici.

La debolezza strutturale del mondo cattolico costituisce una forte remora al raggiungimento dell’obiettivo posto dal Papa.
Finita la stagione dell’unità partitica, oggi i cattolici italiani subiscono gli effetti perversi della diaspora che li mette alla mercè di altri valori culturali ed ideali. Questi quindici anni di esperienza disastrosa di diaspora dovrebbe convincere i cattolici italiani a cambiare pagina e cercare le strade di un’unità, non solo sui valori, ma anche nelle strategie e negli strumenti operativi. La lezione di laicità, propria, del “popolarismo” sturziano afferma che le forme di presenza politica dei cattolici nella vita del Paese sono assunte in totale autonomia rispetto alle gerarchie ecclesiali; ricordarselo, quando da più parti si teorizza che non è riproponibile l’unità dei cattolici in politica, può essere opportuno.
Accanto a questa debolezza, ne esiste un’altra. Ben più negativa: la base del mondo cattolico, le diocesi, le parrocchie, le associazioni sono alcuni passi indietro rispetto alla ricollocazione pubblica del cristianesimo. Al di là di significative e benemerite, ma sporadiche, iniziative di singoli vescovi manca un piano organico di formazione alla Dottrina Sociale della Chiesa che permei di sé le normali attività formative. Oltre ai convegni e agli incontri specializzati, è necessario calare la formazione alla Dottrina sociale nelle diuturne attività delle associazioni e della parrocchie. Un lavoro che non appare e che non gratifica, ma che serve a costruire quella generazione nuova di politici cattolici di cui ha parlato Benedetto XVI. Certo c’è un’altra strada, più comoda: “appaltare” la formazione ai movimenti; pessima strada che ha consentito l’immissione nel ceto politico di alcuni soggetti cattolici che raramente dimostrano di avere, quale punto di riferimento, la comunità ecclesiale nella sua interezza. Per questo è auspicabile che la Chiesa, espressa nelle Parrocchie e nelle Diocesi, con le sue strutture ordinarie, dia corpo e sostanza all’invito di Benedetto XVI.

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