giovedì 27 novembre 2008

BARACK OBAMA, PRESIDENTE ELETTO USA



QUALCHE CONSIDERAZIONE SUL NUOVO PRESIDENTE USA
Benché non siano ancor noti tutti i componenti dello staff presidenziale e della nuova compagine governativa sembrerebbe - ed uso il condizionale perché sino a quando Obama non sarà insediato nulla di certo si saprà – che vi sia una folta presenza di persone cui deve essere addebitata una certa responsabilità per la crisi finanziaria in atto a livello mondiale, segno questo che – al di là di un verniciata di immagine – la politica economica e finanziaria USA sarà in continuità con quella dell’era repubblicana; anzi è probabile che si rafforzerà la tendenza a proteggere le grandi istituzioni ed industrie a scapito delle piccole imprese e del cittadino medio che ha fatto convergere il voto su Barak Obama.
La campagna elettorale di Obama è costata quasi il doppio di quella di McCain e le risorse sono venute oltre che dai soliti settori che sostengono i democratici anche e soprattutto dai fondi speculativi (“hedge funds”); dagli studi legali [anch’essi traggono risorse dalle complesse alchimie dei contratti di finanza creativa]; dai fondi di “private equity”. E la scelta di Emanuel Rahm, quale capo dello staff presidenziale la dice lunga sull’influenza che la finanza creativa ha avuto nell’elezione di Obama.
Fa sempre più pensare che la scelta del capo del Paese più potente del pianeta – indipendentemente dallo schieramento di appartenenza – avvenga con metodi di democrazia formale, mentre in realtà è il marketing politico che, come nei supermercati, guida gli orientamenti e chi dispone di grandi risorse monetarie può condizionare il consenso popolare.
Occorre ricordare come Obama sia impegnato, sin da quando era senatore dell’Illinois, a preservare ed ad estendere la normativa a favore dell’aborto. Certo i movimenti “pro life” e “pro choice” non hanno influito sull’esito elettorale, tuttavia qualche attenzione a questo tema occorrerà porlo in relazione sia agli investimenti che le fondazioni “pro choice” compiono all’estero, specie nei Paesi del terzo e quarto mondo, sino a condizionarne la vita politica sia all’azione svolta dagli Usa nelle agenzie specializzate delle Nazioni Unite.
Concordo con Carlo Pannella che, su "L'Occidentale" odierno, invita Obama a compiere un rapido ripasso della storia del Continente indiano sì da uscire dall'equivoco che risolta la questione palestinese sia automaticamente risolto il problema del terrorismo islamico.

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