giovedì 27 marzo 2008

ALITALIA. E' SOLO QUESTIONE DI SOLDI ?

Dietro le strampalate e fumose ipotesi di Berlusconi circa una "cordata" italiana che rileverebbe l'Alitalia, esiste la convinzione che siano sufficienti capitali freschi per rilanciare sul mercato del trasporto aereo la nostra compagnia di bandiera.
Si tratta, a ben vedere, di una scelta che considera la "finanza" l'unico motore della società globalizzata.
Ma questa è una scelta che sinora ha prodotto ben pochi benefici ed ottimi guadagni agli investitori finanziari che - per abusare di una frase arcinota - hanno socializzato le perdite e privatizzato i guadagni in ogni operazione in cui sono intervenuti.
Nel caso Alitalia - come per altre compagnie del trasporto aereo che nel passato si sono trovate in situazioni difficili - il problema non è di natura finanziaria, ma di natura industriale.
Certo le risorse finanziarie dell'Alitalia si sono via via ridotte al lumicino nel corso degli ultime decenni - e se non ci si sbriga a decidere le sorti dell'Azienda si arriverà al fallimento - ma le vera ed unica causa di questa situazione si chiama mancanza di una efficiente gestione economica ed industriale dell'azienda.
Vogliamo utilizzare parole di moda? Allora diciamo: management inefficiente.
Per questo le fumisterie di Berlusconi sono pericolose, infatti:
  • turbano una trattativa fra soggetti privati
  • determinano conseguenze sul valore del titolo azionario dell'Alitalia
  • introducono valutazioni di natura politica in una vicenda che deve essere lasciata al mercato (un vizietto statalista che la dice lunga sul presunto liberalismo di Berlusconi....)
  • utilizzano questa difficile vertenza quale clava elettorale
  • non vanno alla radice del problema, ma si limitano a chiamare a raccolta investitori finanziari senza porsi minimamente la questione dell'elaborazione di un "piano industriale" per la futura gestione dell'Alitalia
  • bloccano la realizzazione di un vettore aereo europeo che per dimensioni, linee aeree e penetrazione sul mercato internazionale costituirebbe la maggiore compagnia aerea mondiale
  • allungano, nel tempo, l'agonia dell'Alitalia giacché gli investitori finanziari (posto che si materializzino in tempo utile) saranno costretti ad abbandonare l'azienda per mancanza di rimunerazione del capitale investito; a quel punto il mercato aereo italiano sarà completamente occupato da compagnie aeree straniere (Lufthansa, Air France/KLM, Ryanair) e avremo tutti i dipendenti Alitalia sul lastrico

Per questo è necessario lasciare proseguire le trattative in corso cercando di salvaguardare, per quanto possibile, i posti di lavoro.

martedì 25 marzo 2008

VOTO UTILE


Carissimi, riprendo dal blog dell'on. Bruno Tabacci una parte di un intervento che rafforza la mia convinzione circa la necessità di votare l'UDC alle prossime elezioni politiche, rifiutando la logica del "voto utile" (ma quando mai ?) sostenuta da berlusconi e, più sommessamente, anche da Veltroni.
Messo alle strette a Bruxelles, di fronte all’evidenza dei casi Ciarrapico e Mussolini che rendono imbarazzante per il Partito Popolare Europeo anche solo l’ipotesi di un’ammissione del Pdl nel Ppe, Antonio Tajani, capogruppo di Forza Italia nel Ppe in Europa, un paio di giorni fa ha dovuto ammettere: “Il Pdl non è un partito ma una coalizione elettorale”. L’ammissione di Tajani, che in un altro Paese avrebbe dovuto comportare uno sconquasso sulla campagna elettorale visto che smentisce dalle fondamenta il primo pilastro della campagna elettorale del favorito numero uno alla presidenza del Consiglio – “governeremo meglio perché siamo uniti, siamo un solo partito, i piccoli non esistono più, esistono solo due grandi partiti, noi e il Pd”, ripete da un mese e mezzo Berlusconi – è finita nascosta in tre righe sui principali giornali italiani. Veltroni avrebbe potuto cavalcarla, metterla in evidenza, farla conoscere a tutti grazie alla visibilità mediatica di cui gode. Se ne è ben guardato. Il motivo è semplice: l’ammissione di Tajani vale anche per il Pd. Un partito che finge di tenere insieme Radicali e Teocon, Bonino e Binetti, ex comunisti ed ex anticomunisti, Di Pietro e garantisti, ambientalisti conservatori e riformisti semplicemente non è un partito, è una coalizione elettorale. Pdl e Pd non sono altro che le nuove scatole che contengono gli stessi arnesi del bipolarismo di coalizione che raccontano di voler superare. E Berlusconi e Veltroni non sono altro che la riedizione dei Berlusconi-Prodi, o Berlusconi-Rutelli, degli ultimi 14 anni.Ecco perché in campagna elettorale non si parla mai dei problemi concreti del Paese. Quelli scomodi, sollevati tre giorni fa dal professor Sartori in un efficace e quanto mai spietato editoriale pubblicato in prima pagina dal Corriere della Sera. Debito pubblico, mafia, infrastrutture (e risorse per realizzarle), emergenza clima (e costi per affrontarla), smantellamento del federalismo (che in Italia ha portato solo ad aumenti di inefficienza e spesa). I due partiti-coalizioni elettorali che si contendono la guida del prossimo governo non sapranno affrontarli come non li hanno saputi affrontare dal 1994 ad oggi perché sono pronti a fare un governo pieno di contraddizioni al suo interno, dunque paralizzato.Ecco perché preferiscono costruire programmi elettorali da sogno e parlano solo di quelli. Si affidano a sondaggisti e maghi della comunicazione, si fanno spiegare che cosa gli italiani vogliono sentirsi dire per conquistare il loro voto e si richiamano solo ai programmi per tutta la campagna elettorale.